Volontariato

Qui l’embargo uccide più delle bombe

Un volontario racconta l’inferno della città del Sud, la più colpita dalla guerra e dal blocco Onu. Dove gli aiuti non sono mai arrivati. E i bambini continuano a morire.

di Umberto Greco

L a mia lotta contro l?embargo inizia dove finisce il mondo. A 600 chilometri a sud di Baghdad. Qui, dove è stata combattuta la guerra Iran-Iraq e gli aiuti umanitari non sono mai arrivati. Dal 1990, da quando cioè le Nazioni Unite hanno dichiarato l?embargo all?Iraq, a Bassora ogni anno si sono ammalati diecimila bambini di gastroenterite e oltre mille sono morti per mancanza di cure. La prima volta che sono venuto qui, era il 1995. Insieme agli amici dell?Ai.Bi. e dell?organizzazione ?Un ponte per Baghdad?, abbiamo visitato la città più colpita dalla guerra e dalla fame. E così abbiamo visto i tetti delle città sventrati dai bombardamenti; i bambini che sguazzavano nelle fogne a cielo aperto o che studiavano seduti per terra nelle aule senza banchi; le montagne di rifiuti nelle strade e tanti, tantissimi bambini ammalati per colpa della denutrizione e della diarrea. Bimbi e bimbe già vecchi; con il ventre gonfio e la pelle raggrinzita. Uno spettacolo che gridava vendetta. Così nel dicembre del 1996 abbiamo avviato il progetto di ?Sinbad con i bambini di Bassora? per sostenere gli ospedali carenti di medicine e fornire assistenza medica. Quando abbiamo aperto il dispensario, la gente del luogo diffidava, ma è stato solo un attimo: nel giro di pochi giorni sono iniziate le file e da allora ogni giorno curiamo e visitiamo 30 bambini. Abbiamo anche ripristinato 13 impianti di acqua potabile (pompe e miscelatori di cloro) che distribuiscono acqua a 600mila persone. Sì perché qui le infezioni gastrointestinali colpiscono più delle mine antiuomo. L?Ai.Bi. e ?Un ponte per Baghdad? sono le uniche due Ong presenti in Iraq. Certo, non è stato facile. Per avere permessi e autorizzazioni da Baghdad ci sono voluti mesi; mesi che vogliono dire più fame, più malattia, più morte. Qui non arriva niente: antibiotici, aghi, siringhe, antidolorifici, pezzi di ricambio per le incubatrici. Niente. Per arrivare qui, bisogna attraversare il deserto perché l?embargo ha vietato i voli sull?Iraq. La luce elettrica manca e alle cinque di pomeriggio piomba la notte. I bambini sono quelli che soffrono di più perché si ammalano e anche perché sono angosciati dalla paura della guerra. Noi facciamo quello che possiamo e abbiamo già curato 8.500 bambini, ma la la nostra è una lotta impari perché gli effetti dell?embargo sono disastrosi; si calcola che ogni mese in Iraq muoiano 4.500 bambini. Il paniere che il governo passa per ogni iracheno comprende sette chili di farina, un chilo e 250 grammi di riso, 750 grammi di olio, 500 di zucchero, e 4 litri di latte per bambini sotto i due anni. La gente ci vuole bene e noi ci danniamo per aiutarli perché sono martiri innocenti di una guerra che loro non hanno voluto e non combattono. Le autorità collaborano molto con gli operatori dei progetti, ma dimenticatevi tutte le immagini della manifestazioni di propaganda a favore del regime. Qui a Bassora, come a Baghdad, le strade, le piazze e persino le facciate delle case sono tappezzate da ritratti di Saddam Hussein. Il governatore della città gli assomiglia, parla come lui e addirittura si muove come lui. Ora stiamo rimettendo a posto l?acquedotto distrutto dai bombardamenti e contaminato dalle fogne. Abbiamo avuto molta paura che tornasse la guerra, ma ora abbiamo il terrore che il mondo si dimentichi di noi che siamo qui, a combattere una battaglia civile; in un Paese dove il mondo va alla rovescia e gli innocenti continuano a morire. Aiutateci a portare avanti i nostri progetti e a fermare l?embargo.


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